Il ponte sospeso Marterloch: natura, storia e un pizzico di brivido

Immergiti in un'esperienza indimenticabile e scopri il ponte sospeso mozzafiato nella gola del rio Marter. Con i suoi 130 metri di altezza e 270 metri di lunghezza, il ponte offre una vista spettacolare e un’avventura unica.

La via che porta al ponte segue una storica mulattiera, che per secoli è stata l'unico collegamento tra Bolzano e la Val Sarentino. Segui il tragitto dei commercianti, dei contadini e dei viaggiatori di un tempo, che superavano questa strada con grande fatica, e vivi il fascino di un percorso storico circondato da una natura imponente.

Tavole informative e storia

Le tavole informative lungo il percorso invitano a una sosta di lettura. Scopri dettagli affascinanti sulla storia di questa zona, sulla costruzione del ponte sospeso e sulla condotta di irrigazione che corre sotto il ponte e dal 2023 permette di irrigare 200 ettari di terreno agricolo.

Partenza da Ponticino o Avigna

Inizia la tua escursione da Ponticino o da Avigna e segui il sentiero n. 1, che conduce all'impressionante gola del rio Marter.

Un tempo punto chiave della storica mulattiera della Val Sarentino, oggi la gola è attraversata da un moderno ponte sospeso, mentre il vecchio sentiero è stato conservato e offre spunti per conoscere la storia movimentata di questo percorso.

Dopo aver attraversato l’impressionante ponte sospeso hai davanti diverse opzioni:

Provenendo da Ponticino: prosegui per Avigna e Mezzavia

Prosegui in direzione di Avigna e poi ridiscendi fino a Mezzavia (Halbweg). Da lì, l'autobus ti riporterà comodamente a Ponticino.

L'intero percorso dura circa tre ore.

Provenendo da Avigna: prosegui fino a Ponticino

Continua a camminare in direzione di Ponticino. Da lì, l'autobus ti riporterà ad Avigna con cadenza ogni ora (cambio autobus al bivio per San Genesio).

L'intero percorso a piedi richiede circa tre ore.

Ritorna attraverso la mulattiera

In alternativa, puoi scendere nella gola del rio Marter attraverso l'antica mulattiera e poi, a seconda del punto di partenza, tornare a Ponticino o ad Avigna, sempre in circa tre ore.

Campata: 272 metri

Altezza dal suolo: circa 130 metri

Dislivello tra le estremità del ponte: 9 metri

Larghezza della passerella pedonale: 1,20 metri

Peso totale: tra 110 e 145 tonnellate (in base al livello di riempimento d’acqua)

Capacità di carico: 4 funi principali, ciascuna con un diametro di 56 mm, sostengono fino a 215 tonnellate

Consolidamento: ogni fune è fissata nella roccia porfirica con un ancoraggio di 30 metri

Particolarità tecnica: sotto la passerella corre un tubo di ghisa per l’irrigazione (diametro: 40 cm)

Alla scoperta: un cammino tra natura, storia e ingegno

Tabellone 01
Madonna del Buon Cammino: un segno della croce per un viaggio sicuro

A Ponticino la valle si apre dopo una stretta gola rocciosa: qui, nel 1747, venne costruita una chiesetta dedicata alla Madonna Nera di Einsiedeln, come segno di protezione e gratitudine.

 

Ancora oggi molti fanno il segno della croce passando davanti alla chiesa, per rispetto verso la strada impervia.

 

La chiesa fu eretta dai masi Dicker, Puntschuech e Fiechter e consacrata nel 1748. Ampliata nel 1882, conserva due campane del XVIII secolo.

 

Il piccolo edificio barocco presenta finestre sagomate e una volta a botte con santi dipinti da un pittore contadino. L’interno è dominato da una copia della Madonna Nera e da un crocifisso del XVIII secolo.

Tabellone 02
Dalla mulattiera alla strada: linfa vitale per i masi contadini

In questo punto si incrociano l’antico sentiero dei muli e la strada d’accesso ai masi di Vormeswald di sotto e di sopra. Per secoli, questo sentiero è stato l’unico collegamento tra Bolzano e la Val Sarentino. La strada nella gola è stata costruita solo intorno al 1900, mentre l’accesso ai masi risale al 1979/80.

 

In Alto Adige, quasi tutti i masi di montagna sono raggiungibili tramite la rete viaria rurale: una rete di 3.440 km di strade poderali e forestali, fondamentale soprattutto nei comuni montani come Sarentino. Senza queste strade, molti masi sarebbero abbandonati e il paesaggio meno curato.

 

Oggi si privilegia la manutenzione: i percorsi esistenti vengono mantenuti, messi in sicurezza o migliorati localmente. Anche il sentiero che attraversa questa zona ne fa parte – ed è fondamentale per la vita quotidiana, l’agricoltura e un turismo rispettoso della natura.

Tabellone 03
Irrigazione: 100 litri d'acqua al secondo per i prati e i campi di San Genesio

Sotto questo sentiero corre una condotta irrigua lunga oltre 20 chilometri, che porta l’acqua dal ricco bacino idrico della Val Sarentino fino a San Genesio, una delle zone più aride dell’Alto Adige. La condotta funziona esclusivamente a pressione naturale, supera un dislivello di 350 metri e trasporta fino a 100 litri d’acqua al secondo. Il diametro dei tubi è di 50 centimetri.

 

Per decenni sono stati elaborati e poi abbandonati diversi progetti per portare l’acqua ai terreni agricoli del Tschögglberg/Monzoccolo. La costruzione della condotta è iniziata infine nel 2021/2022. Le condizioni geologiche hanno rappresentato una sfida particolare: sono stati fatti brillare 10.000 metri cubi di porfido, e i tratti più impervi sono stati raggiunti con l’elicottero. In alcuni momenti, si è lavorato contemporaneamente su 15 cantieri.

 

Dal 2024, l’acqua scorre fino a San Genesio attraverso una condotta in ghisa con giunti a spinta e a trazione. Vengono irrigati circa 200 ettari di superfici agricole, garantendo l’approvvigionamento idrico delle aziende agricole del Monzoccolo anche in futuro – e anche in un clima sempre più secco.

Posa delle tubature per la condotta irrigua poco prima del Marterloch. Foto: Thomas Ohnewein
Tabellone 04
Selva di Vormes: località con 12 masi

In questo punto il sentiero si dirama verso Unter- e Obervormeswald. L'insediamento di Vormeswald è una delle 28 frazioni del comune di Sarentino e comprende dodici masi, dieci dei quali sono documentati già nel Medioevo.

 

I masi si distribuiscono su due livelli: quelli inferiori (Eirnberg, Martertal, Schuster, Steger, Untersalmberg e Obersalmberg) si trovano su un terrazzo tra i 1000 e i 1100 metri di altitudine, mentre i masi superiori (Stalln, Steiner, Laner, Oberhauser, Unterhauser e Thaler) si estendono fino a 1380 metri, su ripidi versanti rocciosi.

 

Fino al 1980, questi masi erano raggiungibili solo a piedi, attraverso il sentiero del Marterloch – un tempo unico collegamento tra Sarentino e Bolzano.

Veduta da Niederwangen verso Vormeswald. La fotografia è di Hugo Atzwanger, che tra il 1939 e il 1943 documentò numerosi masi e insediamenti rurali in Alto Adige su incarico della Commissione culturale dell’„SS-Ahnenerbe“. © Archivio fotografico Hugo Atzwanger, Museo provinciale delle tradizioni popolari dell'Alto Adige, Nr. F1858
Tabellone 05
I masi Eirnberg e Martertal: riposarsi dopo la gola pericolosa

Proprio sopra la gola del Marterloch si trovano i masi Martertal ed Eirnberg (un tempo chiamato "Eyrnberg"). La loro posizione lungo l’antico sentiero da Bolzano alla Val Sarentino li rese per secoli un prezioso punto di sosta per mercanti, portatori e someggiatori.

 

Il sentiero partiva da Bolzano passando per Castel Rafenstein e Avigna, attraversava il Marterloch e da qui scendeva fino a Ponticion e poi alla valle. Solo dal 1900 fu costruita una strada nella valle – prima di allora, il tracciato lungo il Talvera veniva regolarmente danneggiato dalle piene ed era spesso impraticabile.

 

Il maso Eyrnberg era più di un semplice maso: dotato di portale romanico e torre di difesa con feritoie, il suo proprietario era responsabile della manutenzione del sentiero e in cambio godeva del diritto di mescita del vino. Aveva anche l’obbligo di offrire ospitalità e protezione ai viandanti. Nelle stalle potevano trovare posto fino a 40 cavalli.

 

Secondo una leggenda, già in epoca romana il sito era utilizzato come punto di controllo e ricovero, istituito su ordine del generale Druso.

 

Un ultimo saluto alla sorgente del Martertal

Racconto ispirato a motivi della Val Sarentino

 

Una sera d’autunno, fredda e silenziosa, cala sui pendii tra Castel Rafenstein e Vormeswald. Lungo l’antico sentiero dei muli, che da Bolzano attraversa Avigna e il Marterloch fino a Sarentino, cammina un uomo solo. Gli anni hanno segnato il suo volto. I vestiti che indossa sono logori, la vecchia foggia contadina quasi irriconoscibile. Alla sorgente nel fondo della gola si ferma. Si siede, stanco, e guarda verso il maso sull’altro versante della valle – immobile, come sospeso nel tempo.

 

Sono passati dieci anni da quando ha attinto acqua qui. Dieci anni da quando, in questo stesso luogo, si è congedato da una giovane donna di nome Marta. Silenziosa, bionda, dallo sguardo profondo. Era il 1810. Il paese doveva mandare uomini in guerra. Trenta, da tutta la valle. La sorte aveva colpito suo fratello minore, ma lui – l’uomo seduto alla sorgente – si offrì al suo posto. «Custodisci il maso finché torno», disse. E partì. Con un esercito diretto fino in Russia. Ne tornarono in pochi. Lui era tra quei pochi.

 

Ora è di nuovo qui, nel 1820. Tutto sembra uguale: il camino fuma, i campi sono curati. Ma poi appare un bambino. Biondo, occhi azzurri. Dice che sua madre si chiama Marta, suo padre Sepp. Vivono in quattro al maso. Sepp – il fratello.

 

L’uomo sorride appena. Sa che non c’è più posto per lui. Il suo sacrificio è rimasto silenzioso, dimenticato. Con voce bassa dice al bambino: «Saluta tua madre. Dille che qualcuno che non l’ha mai dimenticata oggi era alla sorgente». Poi si volta. E riprende il sentiero. Attraversa il Marterloch, scende verso Avigna, passa sotto Castel Rafenstein – e se ne va. Per la seconda e ultima volta.

Tabellone 06
Rötegg: il porfido di Sarentino

Il porfido di Sarentino è una roccia vulcanica riconoscibile per il suo colore rosso chiaro fino al rosa. Viene estratto nella cava „Vormeswald“, situata vicino, ed è noto per la sua alta resistenza agli agenti atmosferici e al gelo.

 

Geologicamente, il porfido di Sarentino appartiene al gruppo dei quarzoporfidi di Bolzano, diffuso in alcune zone dell’Alto Adige e del Trentino, con un’età di circa 270 milioni di anni. Questa roccia si è formata da eruzioni magmatiche che si sono raffreddate lentamente e sotto alta pressione vicino alla superficie terrestre, sviluppando una tipica struttura porfirica. Il suo colore varia dal grigio-bianco al verde, viola e blu-nero, ma è per lo più rosso — da cui il nome, dal greco „porphyrus“ che significa porpora.

 

L’estrazione, iniziata negli anni ’80 nella cava di Vormeswald sopra Obervormeswald, si estende su circa 7 ettari e avviene a gradoni con tecnologie moderne per preservare la qualità della pietra.

 

Il porfido di Sarentino è utilizzato soprattutto nell’ingegneria idraulica per stabilizzare rive e pendii, e nella costruzione di muri ciclopici, grandi muri a secco con pietre irregolari. I frammenti più piccoli sono impiegati per pietre da muro, mentre i blocchi maggiori vengono trasformati in lastre di diversi spessori. Inoltre, sono prodotti pavimenti pedonali e carrabili per interni ed esterni.

 

Il porfido di Sarentino è dunque una risorsa naturale di rilievo regionale, che contribuisce con la sua durevolezza e versatilità alla cultura edilizia e al paesaggio dell’Alto Adige.

Per la posa della condotta d’acqua sono stati esplosi 10.000 metri cubi di porfido.
Tabellone 07
Il ponte sospeso sul rio Marter: vitale per l’economia ma anche divertimento

Con un'altezza di circa 130 metri dal suolo e una campata di 272 metri, il ponte sospeso sul Marterloch è una straordinaria opera ingegneristica realizzata nel 2023/2024. Il ponte funge da passaggio pedonale, collegando entrambe le sponde della valle profondamente incisa, ed è progettato con una larghezza di 1,20 metri, ottimale per i camminatori.

 

La struttura presenta una differenza di altezza di 9 metri tra le due estremità, che le permette di integrarsi armoniosamente nel paesaggio. Il peso totale del ponte varia tra 110 e 145 tonnellate, a seconda del livello dell'acqua nel tubo che scorre sotto di esso.

 

La capacità portante e la sicurezza sono garantite da quattro cavi principali, ciascuno con un diametro di 56 millimetri, capaci di sopportare fino a 215 tonnellate. Ogni cavo è saldamente ancorato con un'ancora lunga 30 metri inserita nella roccia porfirica.

 

Una particolarità tecnica del ponte è il tubo in ghisa che scorre sotto di esso, con un diametro di 40 centimetri, utilizzato per l'irrigazione delle superfici agricole. Questa conduttura fornisce acqua a circa 200 ettari di terreni agricoli nella zona di San Genesio.

 

Lo sapevi che…?

…il ponte sospeso sul Marterloch è lungo 272 metri?
È lungo quanto circa 3 campi da calcio messi in fila!

…il ponte si trova a circa 130 metri d’altezza dal suolo?
È alto come circa 20 giraffe una sopra l’altra!

…le due estremità del ponte hanno una differenza di altezza di 9 metri?
È quasi alto quanto un edificio di tre piani!

…il ponte pesa tra le 110 e le 145 tonnellate?
È pesante quanto circa 180-240 vacche di razza Grigia delle Alpi (circa 600 kg ciascuna)!

…sotto il ponte scorre acqua a una velocità di 100 litri al secondo?
È come se ogni secondo venissero versati 500 grandi secchi d’acqua!

Tabellone 08
L’antica mulattiera: una strettoia pericolosa

Questa storica mulattiera è stata per secoli l'unico collegamento tra Bolzano e la Val Sarentino. Generazioni di persone l'hanno utilizzata per gli scambi commerciali. Il sentiero attraverso la gola del rio Marter era l'unico modo per i contadini di scendere a Bolzano con uova, strutto e altri prodotti del maso e venderli al mercato.

 

Sulla situazione dei trasporti in Val Sarentino
da „Bozner Zeitung“, 7 settembre 1891

 

Con i trasporti siamo messi davvero male. Si deve ancora attraversare il Marterloch con muli da soma e asini – un passaggio pericoloso, soprattutto d’inverno. Qualche giorno fa un mulo da soma, carico di ogni sorta di oggetti appartenenti al conte Forni, è precipitato dal sentiero. L’animale è morto e gran parte del carico è andato completamente distrutto.

 

Tutti vogliono costruire una nuova strada di valle. Si spera in un prestito statale o imperiale senza interessi di 200.000 fiorini, da rimborsare gradualmente grazie all’aumento del gettito doganale. Se la valle non vuole restare isolata dal mondo, si deve pensare a una soluzione del genere.

 

Il comitato comunale e altri soggetti interessati sono instancabilmente all’opera – in particolare il nostro maestro postale Gänsbacher, il sindaco Kienzl e l’ex-sindaco Gruber. Poiché la Val Sarentino deve importare derrate alimentari per oltre metà dell’anno, in queste condizioni di trasporto una carestia non sarebbe affatto da escludere.

Ritaglio della Bozner Zeitung del 7 settembre 1891: Si denuncia il cattivo stato della via di comunicazione attraverso il Marterloch – incluso il caso di un mulo da soma carico di merci precipitato proprio in questo punto.
Tabellone 09
Il rio Marter: frontiera e esperienze di confine

Qui nella gola scorre il rio Marter, che per alcuni anni (1810-1814) costituì la frontiera fra il Regno di Baviera e l'Italia.

 

I due estratti di mappa mostrano che: Nel 1805, in seguito alle guerre napoleoniche, l’Austria fu costretta a cedere la Contea del Tirolo alla Baviera, alleata di Napoleone. Nel 1809, i tirolesi insorsero contro la dominazione bavarese e francese sotto la guida di Andreas Hofer. Dopo la sconfitta austriaca nella battaglia di Wagram, il 14 ottobre 1809 fu firmata la pace di Schönbrunn. Nell’agosto del 1810 venne tracciato un nuovo confine tra il Regno di Baviera e il Regno d’Italia, rendendo così la zona del Marterloch territorio di confine per quasi quattro anni. Solo con il Trattato di Parigi, nel maggio 1814, il Tirolo tornò sotto il dominio austriaco.

Tabellone 10
Il mulino abbandonato

Un tempo questo mulino svolgeva un ruolo centrale per sfamare i vicini masi che producevano strutto. Qui si macinava il grano, essenziale per il pane e altri alimenti di base. A partire dal XVII secolo, molte fattorie avevano
un mulino e un forno. Nelle immediate vicinanze di questo mulino doveva esserci anche una sorta di copertura in legno per proteggere le persone di passaggio dalla caduta di sassi e dal torrente.

 

Vivere sotto l’acqua – Il Marterloch visto con gli occhi dell’Ottocento

Da Ludwig Steub, “Tre estati in Tirolo” (1846)

 

L’ingresso in Val Sarentino è dominato da una gola selvaggia – un “grande burrone”, come lo definisce Ludwig Steub. L’antico sentiero correva alto sopra il torrente, lungo le pareti di porfido rosso, spesso senza vista verso il basso, poiché la roccia cadeva a picco nel vuoto. Sul versante opposto si susseguivano creste rocciose e dorsali boscose, incise da strette vallette coltivate.

 

Sulla stessa sponda del sentiero si trova Avigna, con alcune case bianche e l’inconfondibile chiesetta dal campanile appuntito. Un’ora più avanti, scrive Steub, “minaccia lungo il sentiero il Marterloch” – una stretta fenditura nel porfido rosso, segnata da rocce fratturate e strapiombi minacciosi. Una tettoia in legno su robusti pilastri protegge il passaggio – e solo nei periodi di pioggia scorre sopra di essa un torrente selvaggio.

 

Steub immagina quanto possa essere inquietante passare sotto questa copertura proprio quando il torrente, gonfio per i temporali, ruggisce sopra il sentiero trascinando con sé pietre e detriti. Gli abitanti della valle, nota con ironia, definiscono questo punto “la più grande attrazione della valle” – perché “qui l’uomo può vivere sotto l’acqua”.

 

Poco dopo il sentiero scende nella conca della valle – e con la discesa termina anche la drammatica selvatichezza del paesaggio. La valle si apre e il viandante entra in una zona più mite e abitata.

Tabellone 11
Discesa nella gola del rio Marter: pericoli e storie

Per secoli, da qui partiva la discesa nella pericolosa gola del rio Marter. Il linguista e storico Egon Kühbacher scriveva così: “Su questi precipizi molte persone e animali hanno trovato la morte. Il nome è nato a seguito di questi eventi raccapriccianti, delle paure e della profonda agonia che i viaggiatori dovevano sopportare quando percorrevano la gola”. Ancora oggi, il sentiero che attraversa la gola impressiona per il suo paesaggio selvaggio e drammatico, e ricorda le sfide che i viaggiatori hanno dovuto affrontare per secoli.

 

Attraverso il Marterloch verso Vormeswald

Da una descrizione del percorso di Johann Jakob Staffler (1844)

 

Dopo Avigna, l'antico sentiero per i muli proseguiva con pendenze irregolari e strette curve verso il temuto Marterloch, una gola rocciosa profondamente scavata, il cui attraversamento era possibile solo grazie a una passerella di legno. In primavera e in estate, durante i temporali, su questa struttura si riversavano i detriti di un torrente impetuoso; in inverno, vi scivolavano valanghe ruggenti.

 

Un piccolo ponte, malmesso, superava il Rio del Martertal, che scorreva da ovest verso est fino al Talvera. Qui si trovava il confine tra le giurisdizioni di Cornedo e Sarentino. A sinistra si innalzavano imponenti pareti di porfido rosso tra pini e abeti; a destra si aprivano abissi spaventosi che mettevano in allarme anche i più esperti. Numerosi incidenti, tramandati da generazioni, raccontano di uomini e animali precipitati in questi burroni.

 

Oltre il Marterloch iniziava il territorio del Sarentino. Il sentiero si snodava ancora lungo il lato destro del Talvera, sopra pareti rocciose instabili, fino ai primi masi di Untervormeswald: sei masi con un totale di 47 abitanti. Più in alto, nel bosco, si trovavano i masi sparsi di Obervormeswald, anch’essi sei, abitati da 36 persone.

 

Questa e altre descrizioni storiche dei sentieri del Sarentino sono raccolte nel libro „Auf Sarner Wegen“ di Karl Georg Kröss.

Tabellone 12
Brems: l’innovazione nel trasporto

Prima dell'introduzione dei veicoli motorizzati, il trasporto di merci pesanti in questa area scoscesa rappresentava una grande sfida. All'inizio del XX secolo, ad Avigna vennero costruiti diversi impianti a fune per il trasporto di materiale, noti come “Brems” (freno). Originariamente realizzati per l’asporto di legname, questi impianti furono presto utilizzati anche per il trasporto di merci e persone, sostituendo i sentieri storici e le mulattiere come principale collegamento di trasporto.

 

Il funzionamento dei Brems è semplice e ingegnoso: su uno o due cavi di sospensione scorre il “Wagele” (carrettino), un dispositivo di trasporto appeso a una fune di traino. Alla stazione a monte, la fune viene guidata su rulli e regolata mediante un sistema di frenatura, che consente di far scendere il carico in modo controllato. Allo stesso tempo, un carico più leggero può essere trainato verso monte. Con l'introduzione dei motori, non fu più necessario un contrappeso: la discesa veniva frenata e la risalita avveniva grazie alla forza motrice.

 

Il Brems nei pressi del maso Hinterschmalz è uno dei pochi impianti di questo tipo ancora oggi in uso quotidiano.

Anche per il trasporto di persone venivano utilizzate le rudimentali funivie. Foto: collezione privata della famiglia Lanznaster.
Tabellone 13
Schmalz: divisi e (quasi) di nuovo uniti

Per molto tempo, il maso Schmalz è stato un unico grande maso ad Avigna di Dentro. A metà del XVII secolo, il maso fu diviso in Vorderschmalz e Hinterschmalz. In seguito sorsero Schmalzgütl (Puhin), Mitterschmalz e Oberschmalz (Tschatterhütt), cosicché alla fine nei masi abitavano cinque famiglie. Mitterschmalz e Oberschmalz si fusero poi nell'odierno Außerschmalz, mentre il Puhingut tornò a Hinterschmalz.

 

Il percorso dei contadini di Avigna di Dentro per andare in chiesa era lungo e faticoso. La domenica il sacrestano di San Genesio poteva iniziare a suonare le campane solo quando la famiglia del maso Hinterschmalz veniva avvistata al Thurner.

Tabellone 14
Sosberg e Eichrast: luoghi di sosta

Al di sotto della strada si trova il maso Eichrast, il cui nome significa “luogo di sosta in un bosco di querce”. Il sentiero che sale porta al maso Sosberger. Il nome deriva dal medio alto tedesco diu saze e significa luogo di riposo, nascondiglio o punto di sosta per animali selvatici. Per oltre 100 anni, qui hanno vissuto persino due famiglie.

 

Luoghi come questi erano punti di sosta fondamentali per i viaggiatori che percorrevano la mulattiera tra Bolzano e la Val Sarentino.

Tabellone 15
Eichrastloch: forze della natura e miti

Oltre alla gola del rio Marter, anche l'Eichrastloch (nel dialetto locale Hohrastloch) impressiona come una gola selvaggia, in cui si percepisce la potenza delle forze della natura. Nella parte superiore del torrente si trovano l'“Höllengånn” e il “Menigånn” – grandi Steinlammern, ossia distese di detriti formate da massi di piccole e medie dimensioni, provocati da frane. Secondo la tradizione, nell’Höllengånn sarebbe nascosto un tesoro d'oro. Qui si trovano anche i “Manzklüft”, imponenti anfratti rocciosi. Secondo una leggenda, furono creati dallo stregone Manz, che voleva bloccare l'accesso alla val Sarentino con una caduta di massi. Queste storie e l'impressionante paesaggio rendono l'Eichrastloch un luogo ricco di miti e forze della natura.

 

L’ira del mago Manz
Come una notte di tempesta insegnò la paura agli abitanti della Val Sarentino. Liberamente tratto da Gertrud Oberkofler, „Hexen, Salige, Ritter und wilde Mander“, 2008

 

Si racconta che il mago Manz, profondamente offeso – proprio dagli abitanti della Val Sarentino che lo avevano deriso – decise di vendicarsi. Voleva sbarrare la valle con una frana gigantesca e trasformare tutto il Sarentino in un lago. Sul monte Schwarzegg avrebbe evocato il demonio del maltempo – le urla degli spiriti si udirono fino a Furst e Valpigon.

 

Già la sera precedente il bestiame era inquieto, nuvole nere correvano nel cielo e nelle case accadevano fatti strani: enormi rospi strisciavano lungo il sentiero cavo, un pipistrello gigantesco volteggiava attorno al maso Furst, ma non osava oltrepassare la croce lungo la via. Al maso Graslander, un bambino disse improvvisamente alla madre che quella notte si doveva pregare – glielo aveva detto l’angelo custode.

 

Con la notte arrivò la tempesta: nuvole nere come carbone si addensarono, raffiche di vento sradicarono alberi, il terreno si aprì in profondi crepacci e voragini. Solo una vecchia croce da tempesta resistette, intatta.

 

Ma quando in tutti i paesi vicini cominciarono a suonare le campane – ad Afing, Wangen, San Genesio, Campitello, Flaas e Lafenn – e la gente accese candele benedette e pregò, Manz perse il controllo sulle forze scatenate. Un ultimo fragoroso tuono echeggiò tra i monti, e l’incubo finì.

 

Le tracce di quella notte sono rimaste: ancora oggi, a nord del maso Menihof, si possono osservare profondi squarci nella roccia – le spaccature di Manz, formate da un mago furioso in una notte che cambiò tutto.

Le gole di Manz sono impressionanti fenditure nella roccia, che secondo la tradizione sarebbero state causate dal mago Manz. Si racconta che volesse bloccare l’accesso alla Val Sarentino provocando una frana.
Tabellone 16
In der Dick: il narratore e le leggende

Il maso Dicker è uno dei masi più antichi di Avigna. Il suo nome deriva dal medio-alto tedesco diu dicke e significa “boscaglia” o “cespugli impenetrabili”. Un tempo il maso si estendeva fino al fondovalle, dove sul fiume Talvera veniva gestito un mulino agricolo.

 

Dal 1812 al 1859 visse qui il “Dicker Hansele”, considerato un degno successore di Till Eulenspiegel e maestro dell’ironia pungente. Nato il 29 febbraio – e quindi festeggiando il compleanno solo ogni quattro anni – fin da giovane era noto per il suo carattere originale e la sua intelligenza fuori dal comune. Ancora oggi, ad Avigna, si raccontano con stupore e sorriso le sue storie.

 

Il suo umorismo asciutto era leggendario quanto il suo talento per le parole. Quando il fratellino “Jaggele” cadde da un albero mentre scuoteva le noci e rimase immobile a terra, Hansele tornò a casa con assoluta calma. Alla domanda preoccupata della madre su dove fosse finito il fratello, rispose semplicemente: «È fuori.» – «Fuori dove?» – «Sotto il noce.» – «È caduto?» – «Eh già.»

 

Anche in cucina prendeva tutto alla lettera. Invitato a preparare i canederli, e sentendosi dire “uno almeno riuscirai a farlo”, ne cucinò uno solo – enorme, che riempiva da solo l’intera pentola. Quando la madre gli chiese irritata perché avesse fatto così, rispose: «Avete detto: un canederlo.»

 

Il suo bersaglio preferito era il contadino del maso Rapp, il più piccolo della zona. Hansele raccontava apposta storie assurde, come quella secondo cui c’erano così tanti braccianti nei campi che il pranzo veniva distribuito con una forca da un carro a pioli. E tra i lavoratori – affermava – c’erano cristiani, ebrei e protestanti: talmente tanti che nessuno doveva mancare.

 

Che tutto ciò sia accaduto davvero o sia solo frutto della sua fantasia? Chissà. Di certo il “Dicker Hansele” è rimasto nella memoria – come figura arguta, brillante e indimenticabile della storia di Avigna.

«Nella Dek di Hinterafing, il maso inferiore fuori Schmalz» – così recita la didascalia originale della foto di Hugo Atzwanger, risalente circa al 1940.
Tabellone 17
Le Keschtn di Avigna: la tradizione delle castagne

San Genesio è il comune con la maggiore densità di castagni in tutto l’Alto Adige. A Hinterafing se ne trovano moltissimi, alcuni dei quali molto antichi. In questa zona secca, i castagni venivano piantati intenzionalmente già secoli fa per garantire la sopravvivenza delle famiglie contadine e prevenire carestie. I frutti del castagno erano infatti un alimento base prezioso, nutriente e di lunga conservazione.

 

Il castagno di Afing è una varietà locale pregiata, apprezzata per il suo sapore particolarmente dolce e delicato. I suoi frutti, sani e privi di glutine, sono una presenza immancabile nel tradizionale Törggelen, la merenda autunnale che accompagna l’assaggio del vino nuovo.

 

Ma anche il legno del castagno ha un valore duraturo: grazie alla sua resistenza, veniva utilizzato fin da tempi antichi per costruire le pergole nei vigneti – un esempio emblematico dell’uso completo e sostenibile di questo albero ricco di storia.

Sbucciatura delle castagne all’Unterbuech nel 1974. Foto: privata.
Tabellone 18
Prunnach: terreni fertili e biodiversità

Il maso Prunnach è menzionato per la prima volta nel 1288 sotto Meinardo II. Il suo nome, “terreni ricchi di sorgenti”, si riferisce alla zona fertile con un buon approvvigionamento idrico per la coltivazione di prati e campi.

 

Nel tardo Medioevo, da Prunnach si originano i masi Außerbrunn, Hinterbrunn e Oberbrunn (Menig). Nei masi Brunner la coltivazione di cereali e la frutticoltura sono praticate da sempre, favorite dalla buona posizione e dal suolo fertile. I frutteti tradizionali, che si sono conservati fino ad oggi e negli anni scorsi sono stati nuovamente piantati, sono particolarmente preziosi. Non solo offrono un habitat a numerose specie animali e vegetali, ma sono anche un'importante eredità dell'agricoltura tradizionale.

 

I costruttori di lanterne Windtearn di Außerbrunn
Nota di cultura popolare dall’eredità di P. Franz Sales Resch († 1971)

 

I fratelli Josef Gabriel e Alois Josef Oberkofler vivevano con la sorella nella casetta Brunnerhäusl sul monte di Afing, un tempo parte del maso Ausserbrunn. Uno era musicista di chiesa, l’altro orologiaio – entrambi noti per la loro abilità manuale e il loro umorismo. Divennero famosi per le loro Windtearn: piccole lanterne realizzate piegando carta, con una candela all’interno. In un’epoca senza elettricità, queste lanterne illuminavano sentieri bui e boschi fitti – un’invenzione semplice e al tempo stesso geniale. Le Windtearn erano utili ma anche poetiche: simboli di luce nella notte e della capacità di creare qualcosa di grande con mezzi modesti. I fratelli di Brunn si sarebbero distinti anche nel mondo moderno, ad esempio nella costruzione di centrali elettriche – ma rimasero fedeli alla loro vita semplice. 

 

La loro risata, la gioia di vivere e l’ingegnosità li resero famosi in tutta la zona. Chi li visitava non se ne andava senza sorridere. Le loro burle e storielle meritano di essere ricordate – come testimonianza di uno stile di vita sobrio e ingegnosoo.

Vista su Wangen dal maso Brunner. Foto: Hugo Atzwanger, circa 1940.
Tabellone 19
Condizioni di vita difficili: dalle ”Gråmpen“ alla bottega del maso

La vita nei masi sui ripidi pendii di Avigna era dura. Le donne contribuivano al sostentamento familiare come “Gråmpen” – termine dialettale per venditrici ambulanti – portando pere, castagne, funghi e frutti di bosco ai mercati di Bolzano e Sarentino. Per generazioni, la mulattiera nella gola del rio Marter era l’unico collegamento verso valle. Lungo il sentiero si trovano ancora oggi i “Gråmpenrast” – pietre dove le donne si fermavano per riposare. Oggi, i prodotti del maso si possono acquistare direttamente in loco: una forma attuale di una tradizione antica.

 

Le Gråmpen
Secondo un racconto di Luis Oberkalmsteiner del 1968

 

Nel paese di Sarentino esiste ancora oggi una figura affascinante: le Gråmpen, contadine che scendono a Bolzano cariche di cesti o „zöger“, per vendere burro, formaggio, lana, uova o altri prodotti artigianali al mercato. La loro attività non è solo una tradizione, ma anche un importante ponte tra montagna e città, agricoltura e commercio.

 

Vivono tra maso e città, ma difficilmente si trovano a casa. Hanno clienti fissi a Bolzano, consegnano prodotti, fanno commissioni, portano lettere, fotocopie o medicine. Sono anche portatrici di notizie, vere o presunte, comprese quelle d’amore.

 

Il mercato settimanale è per loro punto di riferimento e palcoscenico: vestono una combinazione di abiti tradizionali e cittadini, parlano un sarentino vivace e si fanno capire anche con gesti ed espressioni. Negoziano con abilità e, quando i conti non tornano, interviene il contadino.

 

Il lavoro delle Gråmpen è faticoso e pieno di sacrifici, ma svolto con passione. Nessuna di loro è diventata ricca – nemmeno la celebre „Mèsnerkatl“, che per decenni fu considerata la presidente non ufficiale della loro corporazione e conosciuta in tutta Bolzano.

Le donne, chiamate “Gråmpen” (dal dialetto: piccola venditrice o fruttivendola), contribuivano al sostentamento della famiglia vendendo pere, castagne, funghi e frutti di bosco a Bolzano e anche a Sarentino. Foto: privata.
Tabellone 20
Avigna - Isolato ma accessibile

Da questo punto ha inizio l’escursione nella gola rocciosa del Marterloch, con l’attraversamento dell’imponente ponte sospeso – lungo un antico tracciato che collegava Bolzano alla Val Sarentino.

 

Si raccomanda di restare sui sentieri segnalati e di non lasciare rifiuti.

 

Il nome “Afing” (Avigna) deriva dal latino avia, che indica un luogo remoto. In effetti, Afing fu per secoli di difficile accesso, ma mai del tutto isolato. Il territorio, che si estende dalla gola del Talvera fino ai pascoli dello Schwarzegg, è attraversato dal rio Afing (detto anche rio Dorner) e dal Moar-Bachl. Antichi castagneti, prati magri e alpeggi testimoniano ancora oggi la tradizionale agricoltura di montagna.

 

Particolarmente importante era l’antica via che da Bolzano, nei pressi dell’attuale monumento alla Vittoria, risaliva il versante verso Afing passando per Sant’Antonio e il castello di Rafenstein, attraversava la gola del Marterloch e raggiungeva Sarentino. Non si trattava solo di un sentiero per pedoni: era percorsa da portatrici, cavalli da soma, carri trainati da buoi. Le profonde scanalature nel selciato – tuttora visibili – testimoniano il continuo passaggio su questo “valico montano” vicino alla città.

Veduta cartolina di Avigna risalente all’epoca in cui non esisteva ancora una strada per il paese. Foto: privata.

Consigli per una gita sostenibile

Utilizza i mezzi pubblici. La strada che porta ai masi è angusta e non offre percorsi alternativi. Non ci sono parcheggi in direzione della gola del rio Marter.

 

Alle due estremità del ponte sono disponibili rastrelliere per biciclette. Così puoi parcheggiare la tua bici in sicurezza e bloccarla, prima di esplorare a piedi la gola e il ponte.

 

Rimani sui sentieri segnalati e non abbandonare rifiuti.

 

Per un’esperienza sicura: scarpe robuste e assenza di vertigini!

Verso il ponte sospeso Marterloch

Facile da raggiungere

Pianifica il tuo viaggio verso Bundschen o Afing e scopri il sentiero didattico Marterloch. Che tu scelga di percorrerlo a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici, il tragitto è tanto vario quanto la meta stessa. Esplora i dintorni pittoreschi e vivi da vicino la natura dell'Alto Adige.